Lavoro Marche: più occupati, ma precari. A Pesaro e Urbino 50% morti sul lavoro

di CECILIA ROSSI

URBINO – Nelle Marche, l’effetto pandemia sul mercato del lavoro sta finalmente scomparendo, a giudicare dai dati. Si registra una maggiore occupazione, con picchi nella provincia di Pesaro e Urbino nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni. Ma l’avvicinarsi di un ritorno “alla normalità” si scontra con questioni mai affrontate: il precariato, il divario di genere e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Senza contare l’instabilità generata dalla guerra in Ucraina che verrà registrata solo nelle prossime rilevazioni.

Più occupazione in agricoltura e costruzioni

Nel 2021 sono aumentati i posti di lavori nelle Marche: 4745 gli occupati in più rispetto all’anno precedente, secondo l’elaborazione del Centro Studi Cna su dati Istat. In particolare, la provincia di Pesaro e Urbino registra il miglior dato regionale, con un aumento occupazionale del 2,6%, equivalente a 3.821 posti di lavoro in più. A registrare una decrescita nelle Marche è solo la provincia di Macerata, che perde il 2,7%.

La crescita non riguarda però tutti i settori: a trainare la spinta sono soprattutto quello dei servizi, il settore delle costruzioni e quello dell’agricoltura, con nette differenze. A Pesaro e Urbino l’aumento di lavoratori assunti in quest’ultimo è stato superiore al 54,3%, ben sopra la media regionale del 5,3%. Nelle costruzioni la percentuale provinciale scende, ma di poco, al 40,7%, con le Marche che registrano invece il 4,6%. L’occupazione nel settore terziario, invece, cresce solo del 3,5% contro il 4,7% regionale.

Rimangono indietro le donne

La variazione tra occupati nel 2021 e nel 2020 nelle Marche è perfettamente in linea con la media italiana: 0,8%, come quella del Friuli Venezia Giulia, superando di poco quella dell’Emilia Romagna, che segna un aumento dello 0,6%. Ma a (ri)entrare nel mondo del lavoro non sono tutti i marchigiani, perché le donne rimangono ancora le più penalizzate quando si tratta di firmare un contratto.

Il numero medio di disoccupati nelle Marche nel 2021 è di 47112, oltre il 5% in meno rispetto all’anno della pandemia: di questi, circa il 52% sono donne, il 48% uomini. Allo stesso tempo, l’occupazione maschile rileva segnali positivi, crescendo dell’1,5%, mentre quella femminile segna – 0,1%, nonostante le donne conteggiate nella forza lavoro regionale siano diminuite. Gli unici numeri in crescita per le donne marchigiane si registrano nella categoria “inattivi scoraggiati”, ovvero quelle persone che “non cercano ma sono disponibili a lavorare”: sono aumentate dell’1,3%, mentre gli uomini “scoraggiati” sono -3,1% rispetto al 2020.

Futuro (da) precario

La Cgil Marche, a inizio anno, ha fatto sapere in un comunicato che nel periodo che va da gennaio a settembre 2021 ci sono state 155mila nuove assunzioni. Al netto del numero di cessazioni dei rapporti di lavoro sono 22mila le assunzioni effettive, secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’INPS. Un dato positivo che nasconde le sue problematiche, come si legge nel comunicato: “Il 90% dei nuovi rapporti di lavoro è a vario titolo precario. La tipologia contrattuale maggiormente utilizzata è il contratto a termine (nel 37,2% dei casi), seguita dal contratto intermittente (16,9%), dalla somministrazione (16,1%), dal lavoro stagionale (13,6%) e dall’apprendistato (5,5%)”.

Le Marche risultano essere la regione “in Italia con la più alta incidenza dei contratti intermittenti, con una media nazionale dell’8,2%”. La quota di contratti a tempo indeterminato in Regione corrisponde a poco più del 10%, attestandosi al di sotto della media nazionale del 15,5%. Quello a tempo indeterminato è l’unica tipologia di contratto, nelle Marche, ad aver registrato un saldo negativo tra assunzioni e cessazioni: 10mila unità in meno. “Continua inesorabilmente l’erosione dei rapporti di lavoro stabili a vantaggio delle forme più diverse di contratti precari e frammentati”, scrive la Cgil Marche. 

Fioccano invece le assunzioni part-time: sono 56mila, esattamente il 36%, quindi  più di un terzo dei nuovi contratti sono per lavori a tempo ridotto. E la situazione sembra non puntare a un miglioramento: “Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato [nel 2021] sono state 11 mila”, prosegue il comunicato, “ovvero mille in meno rispetto allo stesso periodo del 2020 e quasi 6 mila in meno rispetto al 2019”.

Continuano gli infortuni sul lavoro

Alla mancanza di sicurezza e stabilità contrattuale, si aggiunge quella fisica sui luoghi di lavoro. È di questa settimana la notizia di un giovane muratore di 22 anni precipitato dal tetto su cui stava lavorando a quattro metri d’altezza a Isola di Fano, frazione di Fossombrone. Il giovane lavoratore se l’è cavata con delle fratture. Diversamente è andata per lo studente di sedici anni morto in un incidente stradale lo scorso 14 febbraio in provincia di Ancona. Si trovava nel furgoncino della ditta di termo-idraulica per cui stava svolgendo lo stage nel progetto alternanza scuola-lavoro.

“Non è accettabile registrare una media regionale di 30 infortuni al giorno”, sono le parole di Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche, in un comunicato del sindacato. Secondo i dati dell’Inail, nei primi tre mesi del 2022 sono state 5231 le denunce per infortuni sul posto di lavoro registrate in regione, contro i 4083 dello stessi periodo dello scorso anno.

Di queste, il 22% arrivano dalla provincia di Pesaro e Urbino con 1138 casi, la terza per numero di incidenti dopo quella di Ancona e Macerata. A rischiare più infortuni sono i lavoratori tra i 45 e i 54 anni, occupati nel settore dell’industria e dei servizi, con numeri non molto diversi fra donne e uomini.

Anche quando scendono i numeri la causa non sembra essere una migliore condizione di sicurezza dei luoghi di lavoro. Il mese di gennaio “nelle Marche è stato contrassegnato da un calo [degli infortuni], del 2,43% rispetto allo stesso mese del 2021. Se però andiamo a togliere i casi legati direttamente alla pandemia ci accorgiamo che gli infortuni hanno in realtà subito un’impennata del 33%”, si legge sempre nel comunicato della Uil Marche.

Pesaro e Urbino: più alto numeri di morti

Pesaro e Urbino registra un triste primato: è la provincia marchigiana col più alto numeri di morti del primo trimestre 2022. Se ne sono verificate sei in regione, la metà delle quali nella provincia più a nord delle Marche. Nello stesso periodo dello scorso anno non ne era avvenuta nessuna. A perdere la vita sul luogo di lavoro sono stati sei uomini impiegati in diversi settori: uno di loro lavorava nell’istruzione, uno nelle costruzioni, due nell’artigianato e infine due svolgevano mansioni classificate come “non determinate”.

About the Author

Cecilia Rossi
Nata e cresciuta nelle Marche, studio a Urbino, dove mi laureo in Comunicazione con una tesi sull'involuzione autoritaria in Ungheria. Ho vissuto per sei mesi a Bruxelles, dove non ho migliorato il mio francese, ma in compenso ho studiato un po' di economia. La maggior parte del tempo leggo libri, lavoro a maglia e mi perdo nei documentari.

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