Viticoltori in difficoltà nelle Marche: “Siccità, grandinate e manodopera introvabile”

di ROSSELLA RAPPOCCIOLO

URBINO – Siccità, grande caldo e grandinate hanno inferto un duro colpo al settore vitivinicolo italiano. Non fanno eccezione le Marche e, in particolare, la provincia di Pesaro Urbino, dove i viticoltori lamentano un calo della produzione per il secondo anno di fila. Ma il cambiamento climatico, con fenomeni sempre più violenti, non è l’unico problema: anche la carenza di manodopera stagionale e il grande aumento dei materiali produttivi, come il vetro e il cartone, concorrono a mettere in difficoltà l’intero settore.

Vendemmia anticipata: meno vino ma più buono

Le alte temperature già a partire dalla primavera hanno obbligato ad anticipare la raccolta delle uve di quest’anno. Le vigne hanno iniziato a germogliare già dalla primavera a causa del caldo anomalo e nel momento delle consuete gelate, che di solito seguivano mesi di basse temperature, sono andate in tilt. La siccità, poi, le porta a uno stress idrico che compromette il loro ciclo vitale, con il risultato di acini più piccoli e più fragili. Questi fenomeni, uniti alle grandinate che a giugno e luglio hanno colpito parte della provincia, hanno costretto i viticoltori ad una raccolta prematura. Lo spiega Alessandro Taddei, presidente della Confederazione italiana agricoltori delle Marche, che precisa: “Questo non è successo dappertutto, per esempio a Pesaro la vendemmia non è stata più di tanto anticipata, ma nei dintorni di Urbino si parla di almeno una settimana. A salvare, in parte, la situazione, le piogge delle ultime settimane, seppur non abbondanti”.

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Non un problema da poco comunque, dato che una vendemmia anticipata porta a un calo della produzione. Lo testimonia Luca Venanti, direttore della Cantina Terracruda di Fratte Rosa: “Abbiamo anticipato la raccolta di circa 15 giorni, per esempio ora stiamo raccogliendo le uve per il Bianchello del Metauro che solitamente raccoglievamo a partire da metà settembre. Le produzioni per ettaro di tutti i nostri vini sono inevitabilmente più basse della media: ad occhio siamo sul 30% in meno”. E già l’anno scorso, a causa dell’altrettanto grave siccità, le produzioni erano calate anche del 70%: “Il 2021 è stato l’annus horribilis per il vino – aggiunge Venanti – abbiamo quasi dimezzato la produzione, con un 45% in meno rispetto alla media”. Conferma anche Leonardo Cossi, vignaiolo e cantiniere della Tenuta Cà Sciampagne di Urbino: “Quest’anno abbiamo anticipato la raccolta di una settimana per tutti i tipi di uve a causa della siccità e constatiamo almeno un 20% di calo nella produzione. Non troppo, almeno per noi rispetto agli altri, dato che produciamo vini naturali senza l’aggiunta di prodotti chimici, una nicchia del settore”. Unica consolazione per i viticoltori, specifica Taddei: “Quando la vendemmia viene anticipata si diminuisce la quantità, ma si aumenta la qualità”.

Manodopera e costi di produzione: viticoltori preoccupati

Non è solo una questione di uve ma anche di carenza di lavoratori stagionali. “Quando si raccoglie, e soprattutto quando lo si fa in anticipo, subentra poi il problema della mancanza di personale, cioè è veramente difficile trovare persone disposte a lavorare per la stagione” afferma Taddei. E lo denunciano a gran voce anche tutti i viticoltori intervistati dal Ducato, alcuni dei quali incolpano il reddito di cittadinanza: “I ragazzi mi chiedono di poter lavorare in nero per non perdere il sussidio – dice Venanti – ma io a questa condizione non voglio assumerli. E anche se lo volessi non potrei perché il settore è molto controllato. Io, che sono d’accordo con gli ammortizzatori sociali, penso che però il sistema così non funzioni bene. Alla fine io mi ritrovo senza lavoratori per la raccolta”.

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E poi, altra nota dolente, i rincari che hanno colpito anche il settore vitivinicolo. Spiega Taddei: “L’aumento dei prezzi del vino è dovuto soprattutto al notevole incremento dei materiali produttivi e delle materie prime per il sostentamento delle aziende”. Si tratta di aumenti non indifferenti per risorse irrinunciabili nel settore, come il gasolio agricolo che da 0,74 centesimi al litro è passato a 1,38. E si tratta della carta, del vetro, delle etichette. “Il prezzo del cartone è aumentato dell’87% – afferma Biagio Rovelli della Cantina Rovelli a Osteria del Piano – e questo ci induce ad aumentare i prezzi anche se non vorremo”. E poi si chiede preoccupato: “Se aumenta il costo del vino che è utile ma non indispensabile, poi le persone, che ora sono in difficoltà, lo continueranno a comprare?”.

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