Fgcult 2023, Rosella Postorino, il padre e il bisogno delle storie: “Leggere mi ha cambiato la vita”

La scrittrice Rosella Postorino al Festival del giornalismo culturale di Urbino 2023
Martina Tomat

URBINO – La parola lectio, un po’ austera, la spaventa. Così, invitata alla giornata inaugurale del festival del Giornalismo Culturale a Urbino, la scrittrice Rosella Postorino, vincitrice del premio Campiello 2018 e seconda classificata allo Strega 2023, la lezione la fa a modo suo. La fa, leggendo ad alta voce un suo racconto autobiografico che ha le sembianze di una fiaba. La fa, proprio a Sala del Trono che, già dal nome, una fiaba la evoca davvero. Un tailleur verde e una camicia gialla con sprazzi di verde chiaro e gli occhi, profondi e grandi, di chi ha tanto da dire.

La bimba che leggeva cento volte

È così. Una cascata di parole, pronunciate con ritmo incalzante che subito catapultano nella storia. Ed eccola: c’è una bimba lì su un muretto. Sta ripetendo ad alta voce un racconto. Lo fa a oltranza. La maestra le ha detto di scandirlo per cento volte e a lei gliene mancano ancora settantadue. Spunta la mamma, ha dei guanti in lattice, arancioni: “Non era letterale, non intendeva cento volte per davvero”. Ma lei lo fa con amore. Quelle parole provenienti dall’ignoto la affascinano.

Leggere e poi scrivere, scrivere e ancora leggere, inizia la dipendenza per quell’incantesimo, per quelle storie che prima non ci sono nella mente, ma che poi, grazie alle parole che d’improvviso sorgono spontanee, mano a mano prendono vita.

Padre e letteratura: due amori che non combaciano

La bimba del racconto però spesso soffre, è sola. Ha un rapporto conflittuale col papà che un po’ la tormenta. “Di notte legge libri che suo padre ignora”. Rosella trascina con la sua voce e emoziona.

Lui, il papà, vende frutta e verdura. Non gli importa dei libri di lei. Lei pensa che scrivere salvi dalla caducità della vita. Farlo la avvicina un po’ a Dio, la aiuta ad accorciare le distanze da verità che rimangono comunque inafferrabili. Lui, uomo forte, Dio non lo cerca, al massimo lo bestemmia.
“Non chiede nulla alla letteratura, la relega ai margini, può vivere lo stesso. Non cerca verità, se non quelle scarne, mansuete, della biologia quotidiana.” Come fa? Si chiede recidiva. Come fa a non aver bisogno di storie per mettere ordine al suo mondo? 

Così le domande “come funziona la mente di mio padre? Non si domanda come sia la mente di uno scrittore o la mia?”  sono il fil rouge del racconto. Negli anni della vecchiaia il padre di Rosella perde quasi le parole ma ha un’aria così dolce da disorientarla. E quell’odi, tipico dell’odi et amo,viene sopraffatto dall’amore che prende il sopravvento.

“Scrivo e leggo per le parole”

Il racconto dal titolo Nella mente di uno scrittore (e di mio padre) -ben più lungo e complesso rispetto alla sintesi qui riportata- si conclude. Per riemergere alla realtà è provvidenziale lo scroscio di applausi che invade la sala.

“Scrivo e leggo per le parole” dirà Rosella poco dopo, nel dialogo con Giorgio Zanchini. Il suo sguardo sembra ancora più dolce e bambino ora. Si toglie anche la giacca, quasi come segno di confidenza acquisita.

Amore che supera il disinteresse

E Giorgio Zanchini, direttore del Festival insieme a Lella Mazzoli, rotto ormai il ghiaccio, cerca di approfondire ancor di più il tema che fa da padrone nel racconto: “Per mio padre andare lontano da lui era una ribellione- spiega Rosella- Se prendevo 10 a una versione era metà del mio dovere per lui. Dovevo lavare i panni. Era maschilista però all’università mi ha accompagnato lui. Si è fidato ma non ha mai letto nemmeno il mio libro Io, mio padre e le formiche.  Alla fine ho capito che c’è una limitazione degli ambiti: possiamo amarci anche senza condividere i nostri interessi. Io non potevo dire niente sui carciofi e le pesche che vendeva”.

Gli sprazzi di verde della sua maglia guardati meglio sono delle foglie, forse dei gambi di fiori. E il giallo e il verde dei suoi vestiti evocano nuovi significati. Sanno di frutta e verdura, come quella che vendeva il papà.

I libri che riempiono e l’uso sregolato dei social che svuota

Quel papà è indifferente alla letteratura come molti altri: “La mia scrittrice preferita, Marguerite Duras, si chiedeva ‘Come fa la gente che non scrive a non scrivere?’ Non posso far capire che leggere fa bene così come non posso far capire che un gelato è buono, va assaggiato. È un po’ come la palestra, all’inizio non vorresti andarci ma poi sei felice anche se distrutto”.

Quelli che sicuramente tutti hanno provato sono i social, spesso usati anche per scrollarsi di dosso la noia: “Anche io mi guardo i reel con le ricette pure se non cucino. Ma se ci sto più di mezz’ora mi sento svuotata. E angosciata. Leggere invece riempie. Anche una serie tv può riempire ma spesso viene guardata senza concentrazione, il modo in cui ne si fruisce toglie la sacralità. Il libro assomiglia a una preghiera, lo fai in silenzio, preghi qualcuno che non vedi. Il consumismo, le recensioni, rovinano tutto questo”.

Lettura onnipresente, antidoto al dolore

E per Rosella ogni momento è buono per leggere: mentre aspetta di mangiare, mentre si asciuga i capelli, prima di dormire: “Da piccola leggevo gli autori latini per addormentarmi”. E dei libri e degli autori parla come di amici che conciliano il sonno e fanno bene, amici che hanno il super potere di bussare a ogni persona e ogni epoca. Amici che non fanno male neanche quando parlano di argomenti tristi: “Se incontro un dolore, poi lo vado ad approfondire e mi aiuta – gesticola, Rosella, come ogni volta in cui vuole ribadire con forza un concetto che le sta a cuore- E poi non sei solo a provare quel dolore”.

La lettura e la traiettoria del destino cambiata

Giorgio Zanchini, bravo a portare il discorso sui binari giusti, la lascia parlare. Le lascia ‘passare’ più parole possibili.

“L’incontro con la lettura mi ha cambiato la vita. Ha cambiato la traiettoria del mio destino. Leggendo ho incontrato qualcosa di enorme. Come alcuni che incontrano Dio o l’amore”.
Rosella si schiude in un sorriso dopo aver aperto un po’ le porte del suo mondo.
“Devo leggermi subito dei suoi libri” dice qualcuno in sala mentre la fila di persone con in mano una copia di Le assaggiatrici o Mi limitavo ad amare te e perfino qualche suo testo meno noto, si allunga. La magia delle parole.


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