“Io testimone di violenza”. L’urbinate Anna Rita Calavalle in commissione parlamentare sui femminicidi

di CARLA IALENTI

URBINO – Nella sede della Croce Rossa Italiana – Comitato di Urbino lavora Anna Rita Calavalle, ex professoressa urbinate, ginnasta, volontaria e “testimone di violenza”, come si definisce. Mentre racconta al Ducato il momento tragico che le ha cambiato per sempre la vita, riceve una notizia importante: sarà consulente della Commissione parlamentare di inchiesta per femminicidio e violenza di genere, presieduta dalla deputata di Noi Moderati Martina Semenzato. Andrà a Roma a parlare di violenza di genere, partendo dalla sua storia. “Ogni anno a novembre vengo contattata dai giornalisti per andare in tv, ma io preferisco andare nelle scuole a parlare con i ragazzi. Non voglio applausi, ma far riflettere”.

“Così non ti vuole più nessuno”

È il 29 dicembre 1981, Anna Rita ha 25 anni. Col fidanzato Gregorio, 23 anni, dj in una radio privata, le cose non vanno più bene. “Aveva cominciato la terapia del metadone per disintossicarsi dall’eroina”, ma invano. “Più cercavo di aiutarlo, più la sua rabbia si riversava su di me” racconta. Lui la invita a casa sua; le spara un colpo con un fucile da caccia dritto al volto, sfigurandola. “Così non ti vuole più nessuno” le dice mentre “era fuori di sé”. Gregorio che “non voleva mai assumersi le sue responsabilità” prova a cancellare la violenza con un ricatto. “Chiamo l’ambulanza solo se dici che è stato un incidente” dice ad Anna Rita. Ma lei non cede. “Mi ha avvolto la faccia con una sciarpa, quasi non respiravo più – continua – sono scappata per cercare aiuto”. Poi l’epilogo: “Ho sentito un secondo colpo: si era ucciso”.

Vittima di una seconda violenza

Anna Rita negli anni si è sottoposta a “20 operazioni chirurgiche, una di queste è stata un trapianto di parte dell’anca per ricostruire la mandibola”. Oltre alle sofferenze fisiche e ai dolorosi “ricordi sfocati di quell’ultimo appuntamento”, ha dovuto subire anche una seconda violenza dalla madre e dalla sorella di Gregorio. “Si è ucciso per causa tua” le aveva detto la madre di lui. Della stessa idea anche la sorella. “È come se quel grilletto l’avessi sparato tu” ha detto ad Anna Rita che ha “lottato contro i sensi di colpa” per il suicidio di Gregorio.

La madre come cura

“Ai miei tempi non si andava in terapia, mia madre è stata la mia psicologa -racconta – mi ha sempre dato la libertà di vivere la mia vita: si fidava molto di me” dice della persona più importante per la sua rinascita. “Attraverso il lavoro e lo sport mi sono rimessa in gioco – aggiunge – anche la mia allenatrice è stata per me un punto di riferimento”.

L’uomo che le ha quasi tolto la vita, però, non l’ha mai odiato. “È stata una vittima anche lui”. Ultimo di quattro figli, “a 14 anni aveva scoperto di essere nato da una relazione extraconiugale” e che quello che aveva sempre chiamato “papà”, in realtà, non lo era. “Si è sentito responsabile per questo”, come se nascere per lui fosse stata una colpa.

Professoressa e alunna vittime dello stesso destino

Il coraggio di Anna Rita è stato di grande aiuto anche per Lucia Annibali, avvocatessa urbinate e sua ex allieva, sfregiata con l’acido da Luca Varani dopo la fine della relazione. Lo testimonia il calore con cui Lucia ne parla in Io ci sono: la mia storia di non amore, scritto con Giusi Fasano, giornalista del Corriere della Sera. “Col tempo diventi così forte che non hai paura di niente – racconta di aver detto Anna Rita all’ex deputata – dopo che ti accade una cosa così, svegliarsi la mattina è la cosa più bella che può succedere”.

La violenza sulle donne non è solo un problema delle donne

Anna Rita nella sua vita è stata a contatto con tantissimi studenti e allievi, dai più piccoli della scuola di ginnastica ai più grandi del liceo e dell’università. Ha potuto vedere coi suoi occhi che “i maschi spesso hanno difficoltà ad accettare una sconfitta da parte di una compagna”. Ma anche se oggi “le donne hanno raggiunto ruoli di responsabilità in società – dice – ci vorranno decenni affinché avvenga una rielaborazione del ruolo maschile nei confronti della donna”. Complici di una società che “oggettifica le donne” anche alcune pubblicità che non andrebbero più trasmesse. Per contrastare la violenza di genere “l’educazione affettiva non basta”. Occorre avere “degli adulti che siano dei punti di riferimento saldi, soprattutto maschili”. Perché la violenza di genere non è un tema femminile e va prevenuta e contrastata con l’aiuto di tutti.

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