“Prima dolce, poi le violenze. La mia vita con il mostro”. Marianna Sabbatini incontra gli alunni di Urbino

di MARIA CONCETTA VALENTE

URBINO – “Era un ragazzo bellissimo, mi aveva promesso il mondo e nel giro di poco tempo ci siamo sposati”. Potrebbe essere l’esordio di una storia a lieto fine, invece è così che Marianna Sabbatini inizia il racconto della violenza di cui è stata vittima. Nel buio della sala del Cinema Ducale durante l’evento del 25 novembre, giornata contro il femminicidio e la violenza sulle donne, una platea di studenti delle scuole primarie e secondarie la ascoltano silenziosi parlare della sua vita con il “mostro”. È così che lo chiama, “perché non ho mai più detto il suo nome”.

Il dramma subito dopo il matrimonio

“Lui era un ragazzo meraviglioso. Parole dolci, sempre. Io ero la donna più bella del mondo. Mi ha fatto sentire veramente amata, coccolata, protetta”. Quel che sappiamo sul carnefice della sua violenza è che era un ragazzo extracomunitario che Marianna ha deciso di regolarizzare con il matrimonio, così da farlo rimanere in Italia. Ma quando si sono sposati e ha avuto la certezza di restare ed essere protetto lui stesso, “lì è cominciato il dramma”. “Già dal primo giorno di matrimonio ha iniziato a insultarmi e picchiarmi. Siamo andati avanti così per sette lunghi anni”. Nel frattempo Marianna è diventata mamma di due bambini, ma se non c’era anche lui, non era libera di portarli al parco o al compleanno degli amichetti, andare a fare la spesa e gli altri servizi quotidiani.

Marianna Sabbatini al cinema ducale incontra gli alunni delle scuole di Urbino
Marianna Sabbatini al cinema ducale incontra gli alunni delle scuole di Urbino durante la giornata contro la violenza sulle donne

“Se me ne vado, tu davanti a me, sotto un telo”

Arriva il giorno in cui Marianna decide di chiedere la separazione. “Mi ero stancata di questa situazione ma c’erano i bambini molto piccoli e non è stato facile”. Per più di una volta lui le aveva detto: “Io me ne vado da questa casa o con i miei figli o con tu davanti a me, coperta da un telo bianco”. Alla fine Marianna è riuscita ad ottenere l’allontanamento, “ma solo su carta”, dice.

L’ultimo appuntamento

Il giorno prima di andare in Tribunale, racconta, aveva deciso di accompagnarlo al lavoro. “Per me l’’ultimo appuntamento’ è stato fatale, anche se sono qui, viva, a raccontarvelo”. Mentre lei era alla guida, lui le puntò un coltello e le fece prendere una strada bianca. “Con una furia cieca mi ha dato 12 coltellate. L’ultima è arrivata al cuore e lì ho cominciato a sentire il respiro sempre più debole”. Dopodiché, “molto tranquillamente, ha preso e se ne è andato”. Nonostante l’emorragie e la mancanza di ossigeno, Marianna riuscì a rimettere in moto la macchina e a chiedere aiuto. Immediatamente trasportata con l’eliambulanza all’ospedale di Ancona rimase ricoverata per quasi 50 giorni. “Questa era solo la parte iniziale perché da lì sono seguiti una quindicina di interventi. Ho una pancreatite cronica, un sacco di problematiche fisiche. Però sono qua a raccontarla”.

Il messaggio alle ragazze e ai ragazzi

Marianna oggi è una “donna che si è ricostruita”. Racconta che dopo quello che le è successo cerca di vivere la vita al meglio, “sempre con il sorriso”. Poi si rivolge direttamente alle donne: “Ci sono dei campanelli d’allarme, anche piccoli, cercate di captarli. Quando un uomo cerca di prevaricarvi non è una gran cosa. Parlatene con le persone a voi vicino, con le persone adulte, anche con gli insegnanti”. Poi il messaggio che lancia agli uomini: “Se una donna non vi vuole più per un motivo o per un altro, basta. Che cosa vi tenete a fare un essere umano vicino che non ha un sentimento nei vostri confronti o che magari sta pensando anche ad altro?”. Conclude dicendo: “Non fatevi del male perché avete tutta la vita davanti. Fate del male a voi, fate del male agli altri, e fate del male alla vostra famiglia”.

In questo momento la vita di Marianna “ha preso una piega completamente differente” nonostante le violenze psicologiche che si porta ancora dietro. Convive con un uomo che la rispetta, con cui ha un “rapporto normale, non tossico”. “Ringrazio la vita per avermi dato una seconda possibilità”.

“L’ho sperimentato anche io”

Marianna Sabbatini con le ragazze e i ragazzi al termine dell’incontro

Al termine dell’incontro alcune ragazze si avvicinano timidamente a Marianna. C’è chi le dice un semplice grazie e chi invece si sofferma a parlare e trova il coraggio di raccontarle la propria esperienza. Tra loro c’è Lucia, (nome di fantasia). Racconta al Ducato di essere stata colpita particolarmente dalla testimonianza di Marianna. “Sai, quando ha iniziato lei ha detto: ‘La racconto per farvi capire che dalla violenza si può uscire’. Ecco, otto anni fa l’ho sperimentato anche io sfortunatamente e fortunatamente, essendo qui a parlarne, e so quanto quest’affermazione sia vera”.

Durante questo incontro, “sarò sincera, non sono riuscita a trattenere le lacrime”. “Essere vittime ma credersi colpevoli, continuare a vivere col proprio carnefice, giustificandolo e standogli accanto come se fosse qualcuno di cui prendersi cura”. Per Lucia “era tutto così familiare”. Poi quel “risveglio improvviso” in cui ci si accorge della verità. “Vederla lì, su quel palco a mettersi a nudo, a mandare un messaggio a delle future donne e a dei futuri uomini mi ha emozionata. Spero davvero che in quella sala qualcuno di loro adesso stia migliorando il suo modo di pensare e se qualcuna di loro è in difficoltà, con questa testimonianza, possa ritrovare la voce e la forza per poter dire finalmente basta”.

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