di MARTINA TOMAT
URBINO – Giovanni Pascoli era un bimbo di non ancora sette anni quando mise piede per la prima volta al Collegio degli Scolopi di Urbino. Correva il 1862 e il Rettore era padre Alessandro Serpieri, uno scienziato e religioso eclettico capace di lasciare un’impronta viva nella vita del poeta. E proprio al rapporto tra i due è stato dedicato “Serpieri, Pascoli e i “canti” di Urbino”, l’undicesimo e ultimo incontro del 2023 organizzato dall’Università di Urbino per il bicentenario della nascita dello scienziato e religioso, legato alla città ducale per 40 anni. A fare da cornice, non a caso, l’aula Serpieri al Collegio Raffaello, quella che negli anni ’20-’30 era adibita alla fisica.
Le stelle e i salmi: il Rettore amico
“Il Rettore non era una persona lontana, girava per le classi. – spiega al Ducato il professore Salvatore Ritrovato – Serpieri, che era anche insegnante all’Università, aveva una forte tensione pedagogica, sentiva il bisogno di comunicare i valori essenziali ai ragazzi, dalla scuola infatti non vengono fuori ragazzi bigotti ma che si interrogano sulle cose essenziali”.
Così Pascoli lo ha incontrato in più occasioni: “Il Rettore portava con sé i ragazzi nelle escursioni, nelle esplorazioni, a vedere le stelle all’osservatorio meteorologico, a tirare l’aquilone. Aveva un centinaio di alunni quindi se li portava dietro”.
E per i suoi ragazzi padre Serpieri scriveva anche dei salmi: “In cui faceva delle raccomandazioni – continua Ritrovato nell’ambito del suo intervento
“Un salmo di Serpieri per il piccolo Zvanin (alle origini dei “Canti di Urbino”?) – Molto importanti quelli scritti tra il 1864 e il 1871: “Li regalava come affettuoso ricordo agli allievi comunicanti, i padri Scolopi hanno provveduto poi a ristamparli onorando il suo desiderio di guida di ammaestramento e consigli per gli studenti”.
Un mare di affinità
E tra questi ce n’è uno anche per Giovannino, quello per la sua prima comunione, il 10 giugno 1866. Un salmo che sembra essere “fermentato” poi negli scritti di Pascoli: “Quello per Pascoli è il più lungo e il più complesso, 38 versetti. C’è un’affinità evidente tra i suoi primi dieci versi e il sesto e il settimo della poesia pascoliana Il Naufrago. In Serpieri c’è una metafora del mare che spinge lo sguardo sul mutamento inesorabile dei tempi delle generazioni e delle epoche fino al giudizio finale:
‘E il tempo incalza le spalle, ci incalza e ci spinge inesorabile nel mare dell’infinito. Una generazione viene e passa l’altra viene e passa tutto si muta e rimuta fino al gran giorno’
E non è difficile trovare un aggancio col naufrago dove il movimento disordinato del mare che non gli lascia scampo è bilanciato dal movimento inafferrabile delle onde che vanno e vengono mentre tutto muta e si trasforma nel mare che tutto culla”.
E questa è solo la similitudine più evidente delle tante emerse tra Serpieri e un Pascoli che d’altronde ha sempre dichiarato un amore per l’infanzia e per la città ducale alla quale inizialmente voleva dedicare dei canti, quelli che poi diventeranno I canti di Castelvecchio.
“Io ho il cuore a Urbino”
Lo spiega la professoressa Ilaria Tufano nell’ambito di “La memoria urbinate nella poesia pascoliana: Il ritratto” citando anche la fitta corrispondenza con padre Ricciarelli: “Gli scrisse nel 1900 ‘Io ho il cuore a Urbino’ e nel 1901 ‘Ma sai che voglio fare un volumetto di prosa e di poesia: la mia infanzia, il mio collegio, la mia Urbino, i miei maestri, i miei compagni, i miei luoghi, la mia patria spirituale? Quest’anno! La commemorazione del nostro Rettore? Non c’è poesia che nei ricordi di infanzia”. E saranno tantissime le poesie che Pascoli infatti dedicherà al suo periodo a Urbino, conclusosi nel 1871.
Dal sonetto Cavallino a Il pianto dei compagni. Da Il ritratto che “narra l’evento luttuoso (dell’omicidio del padre ndr) nella ricezione dei figli. Essi sono nel collegio di Urbino e si tratta di Giacomo, Luigi, lo stesso Giovanni e Raffaele” a la nota lirica l’Aquilone. E proprio gli aquiloni insieme alle immagini rurali sono l’inizio del filo conduttore tra Pascoli e il poeta irlandese Seamus Heaney di cui ha parlato Alberto Fraccacreta nell’intervento “There’s something new in the sun today”. Le versioni pascoliane di Seamus Heaney.
Eccellente e poliedrico
Altro contributo è stato “Serpieri revisore di Tommaseo“, a cura di Cesarino Balsamini, che ha messo in luce ancora di più la figura di padre Alessandro: “Lo studio piu importante dell’epoca di sismologia lo fece Serpieri non Mercalli. Proprio nel periodo della collaborazione con Tommaseo”. Sismologo, meteorologo, fisico, religioso, capace di lasciare un segno anche negli umanisti, sono tante le sue sfaccettature. Trasversalità apprezzata anche dal Rettore Giorgio Calcagnini presente a fare gli onori di casa: “Con la mia presenza volevo ribadire l’importanza che l’Università ha dato a questo progetto per ricordare e divulgare la figura di Serpieri. Una figura poliedrica, commistione tra parte scientifica e spirituale”.
Figura a cui, come spiegato da Piero Paolucci, segretario del comitato, saranno dedicate altre giornate celebrative nel 2024. Sono ancora tante le angolature di padre Serpieri da analizzare.