Coronavirus, a Pesaro e Urbino economia in ginocchio. Le associazioni di categoria: “Lo Stato ci aiuti”

di GIACOMO PULETTI

URBINO – Tre imprese su quattro che accusano pesanti ricadute per l’economia e una profonda incertezza per il futuro. È un primo, parziale, bilancio che l’epidemia di Coronavirus sta provocando sull’economia del territorio della provincia di Pesaro e Urbino. La richiesta è pressante: sospensione dei pagamenti di contributi e Iva.

Un sondaggio effettuato dalla Cna nazionale, al quale hanno riposto oltre 400 imprese della provincia di Pesaro e Urbino, dimostra la gravità della situazione. Il 93,5% delle aziende prende un peggioramento dei risultati economici per il 2020, e più dell’80% ritiene probabile il ricorso ad ammortizzatori sociali.

“È difficile immaginare quale sarà il futuro se questa situazione dovesse perdurare a lungo – spiega al Ducato Amerigo Varotti, direttore di Confcommercio Pesaro e Urbino – Molti operatori commerciali, sia di Pesaro che di Urbino, hanno intenzione di chiudere o hanno già chiuso per 15 giorni”.

Anche soltanto “alzare la serranda” può costare diverse migliaia di euro ogni giorno e molti negozianti non possono permettersi di perdere così tanti soldi per così tanto tempo. “Ci auguriamo che l’intervento dello Stato sia sufficiente per le aziende e aiuti a contrastare un vero e proprio dramma sociale”, ragiona Varotti.

Un dramma che riguarderà in primis il settore turistico delle Marche, dopo che per tutto il 2019 la Regione aveva lavorato a un piano di promozione del territorio con lo scopo di rilanciare le aree colpite dal sisma del 2016 e pubblicizzare il cinquecentenario della morte di Raffaello.

“Una città come Urbino dovrà ricostruire completamente la sua immagine, e non sarà facile – conclude l’imprenditore – per questo molti operatori commerciali della città ducale vogliono assicurarsi interventi di sostegno prima di decidere sulla chiusura temporanea”.

Dello stesso avviso la Confindustria locale, che mette “il calo della reputazione a livello internazionale” tra i problemi principali provocati dall’epidemia. Oltre a ciò, la preoccupazione riguarda il calo della domanda, la mancata partecipazione alle fiere e i problemi di liquidità per quelle imprese che avevano deciso di investire perché in crescita.

“Siamo in una fase emergenziale – spiega l’associazione che raggruppa gli imprenditori – e stiamo gestendo la situazione come un vero pronto soccorso: aiuto a chi lo richiede e delucidazioni su alcune questioni, dalla mobilità alla privacy dei dipendenti”.

Biesse Group, azienda pesarese leader nel settore manifatturiero, ha chiuso la mensa e sta distribuendo dei cestini per i pasti, monitorando al contempo la salute dei suoi dipendenti. “Abbiamo un duplice obiettivo – dice Raphael Prati, responsabile comunicazione dell’azienda – garantire la salute dei nostri dipendenti e clienti in Italia e nel mondo e assicurare la continuità della produzione.”

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