Diario dall’Ucraina, 2 marzo: “Sono le piccole storie di resistenza che ci danno la forza per andare avanti”

Il cartello in cirillico con insulti ai soldati russi
di IRYNA GULEY
testo raccolto e tradotto da Alice Tombesi e Sara Spimpolo

Urbino – Iryna Guley, la giornalista ucraina che si trova nell’ovest del suo paese, fa sapere al Ducato che sta bene. Continua a lavorare nonostante i continui allarmi che risuonano nel luogo in cui si trova ma che ormai non la spaventano più come il primo giorno di guerra. Nei prossimi giorni terrà per noi un diario in cui descriverà della guerra in Ucraina vista con i suoi occhi. In questa “prima pagina”, racconta come la vita riesca a trovare il modo di continuare a scorrere, nonostante tutto.

2 marzo 2022. Sono ancora nell’ovest, al confine con la Bielorussia. Si sentono sempre le sirene. Il primo giorno reagivo, ma ora non più. Sono troppo stanca, ho sempre sonno. Cerco di vedermi da fuori per capire come mi sento. E mi sento come in un sogno, la mia testa non riesce a concepire di essere in guerra. L’unico momento in cui realizzo la situazione in cui mi trovo sono i pochi secondi in cui, svegliandomi la mattina, capisco di non essere a casa mia. Ieri mi sono svegliata con il rumore di qualcuno che bussava alla porta: ho pensato che fosse un soldato russo che veniva a prendermi. Sono le piccole cose, le piccole storie di resistenza – il cartello stradale con scritto “fanculo ai soldati russi”, la storia dei militari dell’Isola dei serpenti che non si sono arresi alla nave russa – che ci danno l’energia per andare avanti.

Ho sentito i miei amici a Kiev. Una di loro si trova in un appartamento con altre 9 persone. Non va nei rifugi perché è stanca anche lei. Ho pensato a quando abbiamo preparato insieme un inno per i 30 anni dell’indipendenza dell’Ucraina. È stato quest’anno. Mio padre sta bene, è vecchio, ma è preoccupato per me più che per lui. Mia madre è un vero militare. Sta organizzando le provviste e fa le pulizie nei rifugi sotterranei. Quando bisogna entrarci ci arrivano dei messaggi dai vari municipi. Stasera chi è a Kiev dovrà andarci alle 23.30.

Mia sorella mi ha detto che vorrebbe venirmi a prendere al confine con la Polonia. Ma io non me la sento di andare via. Fuggire non è un concetto che appartiene al nostro popolo. Io sono stata a piazza Maidan, ho lottato tutto questo tempo. Mi sento necessaria per il mio paese e mi sentirei in colpa ad andare via. Già mi sento in colpa di essere all’ovest, dove la situazione è più tranquilla, e non sotto le bombe insieme ai miei amici. Io non fuggo. Andrà come andrà.

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