Si chiude Fgcult2021. Mazzoli “Dal web alla carta sarà il tema del prossimo anno”

Il presidente del Fgcult Piero Dorfles con i direttori Giorgio Zanchini e Lella Mazzoli chiudono la nona edizione del Festival a Palazzo Ducale
di REDAZIONE

URBINO – Si è chiuso il Festival del Giornalismo culturale 2021 con l’annuncio del tema del prossimo anno: dal web alla carta. Fgcult2022 sarà alla sua decima edizione “C’avreste creduto?” chiede Lella Mazzoli, sorridendo. Per il prossimo festival il titolo di dieci anni fa viene rovesciato: si passa da “Dalla terza al web” a “Dal web alla carta”. Con il sottotitolo: la vita della cultura nel mare della rete.

“In questo paese c’è carenza di trasmissione della conoscenza che riguarda la cultura in senso assoluto. Bisogna riportare alla lettura chi è fuggito”. Piero Dorfles spiega perché si passerà dalla rete alla terza pagina. “Il festival quest’anno nel nostro immaginario non si chiuderà mai, con una serie di eventi del Festival Off. Ad esempio, io e il prof. Dorfles saremo al Salone del Libro di Torino per parlare di Dante” conclude Lella Mazzoli.

Isgrò: “La cancel culture rischia di mandare a morte Socrate”

A chiudere l’ultima giornata di lavori c’è la lectio magistralis, a Palazzo Ducale, dell’artista Emilio Isgrò dal titolo “Cancellare non uccidere”. Lella Mazzoli – che non vuole fare spoiler – introduce la lectio e dice “non deluderà il sottotitolo di questo festival”.

“Il problema del giornalismo culturale e della comunicazione giornalistica me lo posi da giovane” dice Isgrò che nasce come giornalista culturale, all’inizio della lectio. “Cancelliamo subito la lectio magistralis e andiamo a un suo commento”.

“Gli Stati Uniti hanno cancellato gli spessori profondi della cultura umana, e mi riferisco all’avvento della Pop Up, per dare scacco alla vecchia Europa. Hanno avanzato una teoria per cui gli spessori storici non contavano più – dice Isgrò – Più un’opera era diffusa, più aveva valore”.

“Lo strumento degli anglosassoni era la lingua inglese. Abbiamo scambiato gli inglesi per gli americani perché parlavano la stessa lingua. Il problema oggi non è avere una cultura mediocre. La cultura media c’è sempre stata. Il mondo non può vivere di geni, dopo un po’ si stanca. Ma il prodotto medio porta alla medietà”. Isgrò aggiunge anche che quando la vita diventa noiosa, il mondo crolla. E poi “Non può cambiare la politica se non cambiano le scuole, se possono studiare solo le persone privilegiate nelle scuole giuste. Questo va contro la democrazia”.

“La civiltà europea è fondata sulla libertà di opinione, nessuno può essere messo da parte perché non è in linea con pensiero predominante. La cancel culture rischia di mandare a morte Socrate, non offre più alcuna dialettica”. E tornando nelle Americhe Isgrò dice che “La parola umano stava per scomparire dietro la cultura degli Stati Uniti che aveva dato unità al proprio popolo grazie al cinema e attraverso l’immagine. Ma a questo punto veniva penalizzata la comunicazione verbale”.

“Prima di cancellare si scriveva, si creava un mondo tra l’essere e il non essere delle cose. Tra la parola e la sua assenza. Anche Dio ha bisogno delle parole perché nella Bibbia si legge ‘Disse luce e luce fu'”. E con questo concetto il Maestro conclude con Dante “Dante in un canto del Paradiso dice che oggi si cancella senza più scrivere”.

Le parole dell’economia tra “Informazione, cultura e competenza”

La giornata è partita alle dieci con “Le parole dell’economia”. Ad aprire la giornata ci sono i saluti di Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini che esprime solidarietà a Maurizio Landini per l’attacco alla sede del Cgil a Roma e per i gravi episodi che hanno investito la capitale nella giornata di ieri. “Siamo idealmente tra loro – ha detto Zanchini riferendosi a una delegazione della Federazione Nazionale della Stampa e dell’Unione sindacale giornalisti Rai davanti alla sede nazionale della Cgil – Quello che è accaduto a Roma è intollerabile”.

Una performance teatrale dell’attore Jack Giuggioli introduce il panel. Legge un brano ‘bislacco’ sui temi economici con contenuti di articoli di giornale e di frasi pronunciate in conferenza stampa.

“Quello che conta è mantenere le nostre best practice per sfidare le avversità nel tentativo di creare qualcosa di nuovo. E quest’anno siamo stati in grado di trovare stabilità con soluzioni che sono state disruptive. Abbiamo migliorato le nostre strenghts e minimizzato tutte le nostre weaknesses, abbiamo consolidato il nostro cashflow e il nostro rating è stato valutato positivamente da tutte le agencies più importanti. […] Queste fusioni non hanno compromesso il nostro team spirit, ora siamo un solo gruppo nonostante il lockdown e lo smart working”.

Il dibattito vede la partecipazione del rettore dell’Università di Urbino, Giorgio Calcagnini, di Francesco Cancellato, direttore responsabile di Fanpage.it, di Alice Chambers, traduttrice e scrittrice, e di Dino Pesole, giornalista ed editorialista del Sole24Ore.

“Il lessico dell’economia non ci è familiare” Cancellato parte dalla lettura bislacca di Giuggioli per dare la prima parola – di economia –  a Pesole che dice “Non è tanto il modo in cui il giornalista racconta l’economia ma se il pubblico è in grado di capire”, sottolineando che il tasso di alfabetizzazione finanziaria in Italia è bassissimo.

Chambers, traduttrice, dice che “la lingua non è solo un fatto di identità collettiva ma anche una presa di posizione”. E se la Banca d’Italia deve comunicare all’Estero ha bisogno di un madrelingua con competenze economiche. “I rischi della traduzioni sono molteplici e non sempre prevedibili”. Aggiunge anche che bisogna evitare l’uso eccessivo di anglicismi. È vero che arricchiscono ma è da evitare il “too much”.

“L’economia della parole è una condizione che va contro il significato stesso dell’economia che è una scienza che si applica quando le risorse sono scarse. Ora bisogna capire come gestire le troppe parole – dice Calcagnini –  Quando si è iniziato a parlare di economia in Italia? Nei telegiornali intorno a metà degli anni Settanta. Perchè sono gli anni nei quali è esploso il debito pubblico. Bisognava collocare i titoli di stato. Le famiglie italiane avevano iniziato a comprare, a volte a loro insaputa, anche i titoli di stato. Il servizio pubblico così ha deciso di dedicare spazio all’economia e alla finanza”.

“Qual è la parola che scegliete per il futuro dell’Italia?” chiede Cancellato agli ospiti. Calcagnini risponde “Informazione”. La parola scelta da Alice Chambers è “Cultura”. Per Dino Pesole è “Competenza”.

Le tre parole chiave per il futuro non hanno a che fare, quindi, con il mondo finanziario. “Il linguaggio dell’economia è importante ma in Italia è comunque un pezzo di tema che trascende il contesto economico”. Conclude il direttore di Fanpage.it.

IL FESTIVAL – La prima giornata La seconda giornata

Cuzzocrea: “Spiego la politica a mia zia”

Il secondo panel, “Le parole della politica”, comincia alle 11.00. Gli ospiti: Annalisa Cuzzocrea, giornalista e inviata di Repubblica, lo scrittore Paolo di Paolo, Vera Gheno, sociolinguista, traduttrice e divulgatrice, Andrea Montanari, giornalista e direttore di Radio Tre e Alessandra Sardoni, giornalista e inviata del TgLa7.

Il primo a prendere parola è il narratore Paolo di Paolo che fa riferimento alla performance di ieri sera “Vocabolario politichese italiano – 1946 al 2021” al Teatro Sanzio per parlare della lingua e del racconto della politica. “Quel tipo di racconto rischia di essere ripetitivo soprattutto quando mancano dei protagonisti interessanti” dice di Paolo.

A chi si parla quando si racconta la politica lo dice Annalisa Cuzzocrea. “Ventuno anni fa ho capito che dobbiamo parlare a nostra zia. Perché ho un’ossessione per la politica ma ho anche l’ossessione di semplificarla, di far capire quello che dico. E credo sia il modo giusto per parlarne. Ci riesco sempre? No. Ci provo sempre? Sì – e aggiunge – Anche il giornalismo politico ha assunto il linguaggio dell’antipolitica”.

Andrea Montanari parla dell’eccessiva offerta di talk show a fronte di basse risorse. “Ipertrofia dell’offerta e bassa qualità. Così le parole perdono il loro valore. C’è un’inflazione che corrode il loro valore intrinseco – a aggiunge – Dobbiamo stare attenti al peso specifico delle parole”.

“La programmazione di La7 parla prevalentemente di politica. Ma rimane di nicchia – dice Alessandra Sardoni. – Attraverso gli aspetti ludici si può far aumentare l’interesse delle persone per la politica. Questa chiave, che usa ad esempio Propaganda, avvicina i giovani”. E quest’aspetto da ‘commediola dell’arte’ – come dice Sardoni – ha, infatti, allargato la platea. E aggiunge: “Noi abbiamo un dovere di capire bene per spiegare bene” e conclude dicendo che “Un’altra cosa che non riusciamo a comunicare è l’importanza delle istituzioni”.

“Non basta retwittare per fare politica – dice Vera Gheno. La politica non si deve fare soltanto sui social, quindi “o a distanza. La politica che funziona di più, non a caso, è quella locale”. E sull’uso delle parole bisogna stare attenti a non usarle male.

“Il problema della contiguità, del piccolo cedimento quotidiano, è il problema da cui ripartire”. Dice Cuzzocrea che racconta di essersi sempre rifiutata di fare interviste scritte, perché spesso provengono dai portavoce e dai collaboratori.

Montanari dice, nel secondo giro di tavolo, che “il meccanismo di contiguità con il potere non nasce dai giornalisti ma è il sistema che ci porta verso quella direzione. Spesso è l’editore che fa un accordo col potere”.

“Qualcosa si può cambiare anche nel modo in cui noi facciamo i talk. Si possono cercare gli ospiti con competenza – dice Alessandra Sardoni – ora succede che ad esempio che un virologo possa parlare di altro. Ci sono dei personaggi bravi a comunicare ma che non hanno le competenze necessarie. Un’altra cosa che si può cambiare è la nostra preparazione. Questa è una cosa semplice”.

“Il problema del racconto della politica esiste. Negli altri Paesi è molto più forte la mediazione del giornalista”. Dice Montanari rispondendo a una domanda del pubblico.

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